E' la poesia che Nelson Mandela leggeva quando era in prigione a causa dell'apartheid in Sud-Africa.
L'autore è un poeta inglese, William Ernest Henley (1849-1903), che all'età di 12 anni contrasse una grave forma di tubercolosi alle ossa.
Nonostante le precarie condizioni di salute, continuò i suoi studi e divenne giornalista, ma la malattia lo costrinse all'amputazione di una gamba quando aveva 25 anni.
Henley non si arrese e continuò a vivere per altri 30 anni con una protesi.
"Dalla notte che mi avvolge
nera come la fossa dell’Inferno
rendo grazie a qualunque Dio ci sia
per la mia anima invincibile.
nera come la fossa dell’Inferno
rendo grazie a qualunque Dio ci sia
per la mia anima invincibile.
La morsa feroce degli eventi
non m’ha tratto smorfia o grido.
Sferzata a sangue dalla sorte
non s’è piegata la mia testa.
non m’ha tratto smorfia o grido.
Sferzata a sangue dalla sorte
non s’è piegata la mia testa.
Di là da questo luogo d’ira e di lacrime
si staglia solo l’orrore della fine,
ma in faccia agli anni che minacciano
sono e sarò sempre imperturbato.
si staglia solo l’orrore della fine,
ma in faccia agli anni che minacciano
sono e sarò sempre imperturbato.
Non importa quanto angusta sia la porta,
quanto impietosa la sentenza.
Sono il padrone del mio destino;
il capitano della mia anima."
quanto impietosa la sentenza.
Sono il padrone del mio destino;
il capitano della mia anima."
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