mercoledì 16 marzo 2011

PARTIRE E' UN PO' MORIRE (?)

Esiste il detto: partire è un pò morire... dipende.
Cosa porta ragazze e ragazzi africani ad abbandonare tutto e rischiare di annegare in mare aperto lo posso solo lontanamente immaginare.
L'estate scorsa ho letto il libro "Bilal" di Fabrizio Gatti, un giornalista de L'Espresso che ha ripercorso l'odissea infernale dall'Africa centrale, passando per il deserto e affrontando il caos e le umiliazioni nel Centro di Permanenza Temporanea di Lampedusa.
Per fare tutto ciò si è spacciato per Bilal, un giovane curdo in fuga dalla miseria e dalla disperazione.
Forse solo leggendo quel libro si può entrare in empatia e capire veramente cosa deve affrontare un ragazzo o una ragazza della mia età per poter avere una speranza e una base per vivere in modo degno e libero.
Questi ragazzi sono quasi tutti laureati, molti sono ingegneri elettronici, e si ritrovano in Paesi dove non c'è minimamente la possibilità di lavorare, in cui governano spesso dittatori corrotti o milizie islamiche che compiono saccheggi e scorribande.
Non hanno neanche la possibilità di sperare.
Quindi spesso le famiglie, quelle che se lo possono permettere, decidono di investire i risparmi di una vita per farli partire, con l'ipotesi di perderli per sempre in mare o di rivederli chissà quando.
Però puntano tutto su questo figlio nella speranza che trovi un posto decente dove vivere e lavorare in Europa e che invii qualche soldo alla famiglia che è restata a soffrire in Africa.
Spesso penso a quanto siamo fortunati, al fatto che abbiamo avuto la possibilità di nascere e vivere nella porzione ricca del mondo, e loro non hanno fatto nulla di male per meritare questa sfortuna.
Eppure molte persone, molti politici e molti componenti delle forze dell'ordine hanno la mente così chiusa da non considerare mai questo aspetto.
Li trattano come oggetti.
O come dei rompicoglioni che vengono qui a rubarci il lavoro e a portare delinquenza.
Quando noi siamo campioni nel delinquere e non faremo mai i lavori umili che loro vengono a fare qui, tipo raccogliere le olive o i pomodori, o fare i manovali per uno stipendio da miseria e passando le giornate in balìa dei cosiddetti "caporali".
Dopo le rivolte nel nord Africa la situazione ovviamente è esplosa e gli sbarchi di immigrati a Lampedusa sono aumentati a dismisura.
Ovviamente la situazione va tenuta sotto controllo e l'Italia deve ricevere dall'Unione Europea tutto l'aiuto necessario per affrontare ciò che sta succedendo.
Ma io credo che gli immigrati siano una risorsa.
Possono dare slancio alla nostra economia, nella speranza che vengano messi in regola e tutelati sul posto di lavoro; e poi dall'incontro fra culture nasce sempre qualcosa di migliore: è la storia che ce lo insegna.
Ogni idea contraria al multiculturalismo ha portato soltanto odio, guerre e crisi economiche.
Io non penso che un mio coetaneo africano possa rubarmi il lavoro, tantomeno possa minacciare la mia tranquillità e il mio stile di vita.
Quindi... benvenuti.
Partire è un pò morire... ma spesso vuol dire anche rinascere.

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