Pubblico una poesia che ho letto oggi.
Fa ancora più effetto leggerla mentre i caccia bombardieri italiani e stranieri partono a pochi chilometri da dove vivo attualmente.
"Generale, il tuo carro armato è una macchina potente
Spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.
Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d’una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.
Generale, l’uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare."
Bertold Brecht (1898-1956)
lunedì 21 marzo 2011
sabato 19 marzo 2011
LA SCUOLA E' DI TUTTI
Pubblico una lettera che Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, ha inviato a L'Unità, in merito al dibattito generato dalla cosiddetta Riforma Gelmini; esprime a pieno ciò che penso e ciò che farei se fossi padre:
"Come l’acqua
Quando nostra figlia è arrivata all’età della scuola io e mia moglie
ne abbiamo parlato e abbiamo deciso: scuola pubblica. Potevamo
permetterci di scegliere e abbiamo scelto. Abbiamo pensato che fosse
giusto così, per lei. E’ nostra figlia ed è la persona a cui teniamo
di più al mondo ma è anche una bimba italiana e l’Italia ha una Scuola
Pubblica. Sapevamo di inserirla in una realtà problematica ma era
proprio quello il motivo della scelta. Un luogo pubblico, che fosse di
sua proprietà in quanto giovane cittadina, che non fosse gestito come
un’azienda e che non basasse i suoi principi su una dottrina religiosa
per quanto ogni religione venisse accolta. Un luogo pubblico, di tutti
e per tutti, scenario di conquiste e di errori, di piccole miserie e
di grandi orizzonti, teatro di diversi saperi e di diverse ignoranze.
C’è da imparare anche dalle ignoranze,non solo dai saperi selezionati.
La scuola è per tutti, deve essere per tutti, è bello che sia così,è
una grande conquista avere una scuola pubblica, specialmente quella
dell’obbligo. Io li ho visti i paesi dove la scuola pubblica è solo
una parola, si sta peggio anche se una minoranza esigua sta col sedere
al calduccio e impara tre lingue. A che serve sapere tre lingue se non
sai come parlare con uno diverso da te?
Il nostro presidente del consiglio dicendo quello che ha detto offende
milioni di famiglie e migliaia di persone che all’insegnamento
dedicano il loro tempo migliore, con cura, con affetto vero per quei
ragazzi. Tra le persone che conosco e tra i miei parenti ci sono stati
e ci sono professori di scuola, maestre, ho una cugina che è
insegnante di sostegno in una scuola di provincia. Li sento parlare e
non sono dei cinici, fanno il loro lavoro con passione civile tra
mille difficoltà e per la maggior parte degli insegnanti della scuola
pubblica è così. Perché offenderli? Perché demotivarli? Perché usare
un termine come “inculcare”? E’ una parola brutta che parla di un
mondo che non deve esistere più.
La scuola pubblica non è in competizione con le scuole private, non è
la lotta tra Rai e Mediaset o tra due supermercati per conquistarsi
uno spettatore o un cliente in più, non mettiamola su questo piano...
La scuola di Stato è quella che si finanzia con le tasse dei
cittadini, anche di quelli che non hanno figli e anche di quelli che
mandano i figli alla scuola privata, è questo il punto. E’ una
conquista, è come l’acqua che ti arriva al rubinetto: poi ognuno può
comprarsi l’acqua minerale che preferisce ma guai a chi avvelena
l’acqua del rubinetto per vendere più acque minerali. E’ una conquista
della civiltà che diventa un diritto nel momento in cui viene sancito.
Ma era un diritto di tutti i bambini già prima, solo che andava
conquistato, andava affermato.
La scuola pubblica va difesa, curata, migliorata. In quanto idea, e
poi proprio in quanto scuola: coi banchi gli insegnanti i ragazzi le
lavagne. Bisogna amarla, ed esserne fieri."
"Come l’acqua
Quando nostra figlia è arrivata all’età della scuola io e mia moglie
ne abbiamo parlato e abbiamo deciso: scuola pubblica. Potevamo
permetterci di scegliere e abbiamo scelto. Abbiamo pensato che fosse
giusto così, per lei. E’ nostra figlia ed è la persona a cui teniamo
di più al mondo ma è anche una bimba italiana e l’Italia ha una Scuola
Pubblica. Sapevamo di inserirla in una realtà problematica ma era
proprio quello il motivo della scelta. Un luogo pubblico, che fosse di
sua proprietà in quanto giovane cittadina, che non fosse gestito come
un’azienda e che non basasse i suoi principi su una dottrina religiosa
per quanto ogni religione venisse accolta. Un luogo pubblico, di tutti
e per tutti, scenario di conquiste e di errori, di piccole miserie e
di grandi orizzonti, teatro di diversi saperi e di diverse ignoranze.
C’è da imparare anche dalle ignoranze,non solo dai saperi selezionati.
La scuola è per tutti, deve essere per tutti, è bello che sia così,è
una grande conquista avere una scuola pubblica, specialmente quella
dell’obbligo. Io li ho visti i paesi dove la scuola pubblica è solo
una parola, si sta peggio anche se una minoranza esigua sta col sedere
al calduccio e impara tre lingue. A che serve sapere tre lingue se non
sai come parlare con uno diverso da te?
Il nostro presidente del consiglio dicendo quello che ha detto offende
milioni di famiglie e migliaia di persone che all’insegnamento
dedicano il loro tempo migliore, con cura, con affetto vero per quei
ragazzi. Tra le persone che conosco e tra i miei parenti ci sono stati
e ci sono professori di scuola, maestre, ho una cugina che è
insegnante di sostegno in una scuola di provincia. Li sento parlare e
non sono dei cinici, fanno il loro lavoro con passione civile tra
mille difficoltà e per la maggior parte degli insegnanti della scuola
pubblica è così. Perché offenderli? Perché demotivarli? Perché usare
un termine come “inculcare”? E’ una parola brutta che parla di un
mondo che non deve esistere più.
La scuola pubblica non è in competizione con le scuole private, non è
la lotta tra Rai e Mediaset o tra due supermercati per conquistarsi
uno spettatore o un cliente in più, non mettiamola su questo piano...
La scuola di Stato è quella che si finanzia con le tasse dei
cittadini, anche di quelli che non hanno figli e anche di quelli che
mandano i figli alla scuola privata, è questo il punto. E’ una
conquista, è come l’acqua che ti arriva al rubinetto: poi ognuno può
comprarsi l’acqua minerale che preferisce ma guai a chi avvelena
l’acqua del rubinetto per vendere più acque minerali. E’ una conquista
della civiltà che diventa un diritto nel momento in cui viene sancito.
Ma era un diritto di tutti i bambini già prima, solo che andava
conquistato, andava affermato.
La scuola pubblica va difesa, curata, migliorata. In quanto idea, e
poi proprio in quanto scuola: coi banchi gli insegnanti i ragazzi le
lavagne. Bisogna amarla, ed esserne fieri."
venerdì 18 marzo 2011
LA MIA LISTA
Prendendo spunto dall'iniziativa che ha lanciato Roberto Saviano su La Repubblica, pubblico qui la mia lista delle 10 cose per cui vale la pena vivere:
1. Il pranzo della domenica a casa dei nonni
2. La risata della mia ragazza
3. L'ebbrezza che si prova dopo aver segnato un gol
4. Mangiare le caldarroste e sorseggiare il vino fatto da mio nonno e mio padre
5. Fare il cretino coi miei fratelli
6. Rivedere gli amici di sempre, ovunque siano finiti per il mondo
7. Le giornate gelide d'inverno col sole
8. Gli addobbi natalizi nella mia città natale
9. Il verso delle rondini
10. Mangiare un gelato coi piedi immersi nella sabbia calda.
1. Il pranzo della domenica a casa dei nonni
2. La risata della mia ragazza
3. L'ebbrezza che si prova dopo aver segnato un gol
4. Mangiare le caldarroste e sorseggiare il vino fatto da mio nonno e mio padre
5. Fare il cretino coi miei fratelli
6. Rivedere gli amici di sempre, ovunque siano finiti per il mondo
7. Le giornate gelide d'inverno col sole
8. Gli addobbi natalizi nella mia città natale
9. Il verso delle rondini
10. Mangiare un gelato coi piedi immersi nella sabbia calda.
mercoledì 16 marzo 2011
PARTIRE E' UN PO' MORIRE (?)
Esiste il detto: partire è un pò morire... dipende.
Cosa porta ragazze e ragazzi africani ad abbandonare tutto e rischiare di annegare in mare aperto lo posso solo lontanamente immaginare.
L'estate scorsa ho letto il libro "Bilal" di Fabrizio Gatti, un giornalista de L'Espresso che ha ripercorso l'odissea infernale dall'Africa centrale, passando per il deserto e affrontando il caos e le umiliazioni nel Centro di Permanenza Temporanea di Lampedusa.
Per fare tutto ciò si è spacciato per Bilal, un giovane curdo in fuga dalla miseria e dalla disperazione.
Forse solo leggendo quel libro si può entrare in empatia e capire veramente cosa deve affrontare un ragazzo o una ragazza della mia età per poter avere una speranza e una base per vivere in modo degno e libero.
Questi ragazzi sono quasi tutti laureati, molti sono ingegneri elettronici, e si ritrovano in Paesi dove non c'è minimamente la possibilità di lavorare, in cui governano spesso dittatori corrotti o milizie islamiche che compiono saccheggi e scorribande.
Non hanno neanche la possibilità di sperare.
Quindi spesso le famiglie, quelle che se lo possono permettere, decidono di investire i risparmi di una vita per farli partire, con l'ipotesi di perderli per sempre in mare o di rivederli chissà quando.
Però puntano tutto su questo figlio nella speranza che trovi un posto decente dove vivere e lavorare in Europa e che invii qualche soldo alla famiglia che è restata a soffrire in Africa.
Spesso penso a quanto siamo fortunati, al fatto che abbiamo avuto la possibilità di nascere e vivere nella porzione ricca del mondo, e loro non hanno fatto nulla di male per meritare questa sfortuna.
Eppure molte persone, molti politici e molti componenti delle forze dell'ordine hanno la mente così chiusa da non considerare mai questo aspetto.
Li trattano come oggetti.
O come dei rompicoglioni che vengono qui a rubarci il lavoro e a portare delinquenza.
Quando noi siamo campioni nel delinquere e non faremo mai i lavori umili che loro vengono a fare qui, tipo raccogliere le olive o i pomodori, o fare i manovali per uno stipendio da miseria e passando le giornate in balìa dei cosiddetti "caporali".
Dopo le rivolte nel nord Africa la situazione ovviamente è esplosa e gli sbarchi di immigrati a Lampedusa sono aumentati a dismisura.
Ovviamente la situazione va tenuta sotto controllo e l'Italia deve ricevere dall'Unione Europea tutto l'aiuto necessario per affrontare ciò che sta succedendo.
Ma io credo che gli immigrati siano una risorsa.
Possono dare slancio alla nostra economia, nella speranza che vengano messi in regola e tutelati sul posto di lavoro; e poi dall'incontro fra culture nasce sempre qualcosa di migliore: è la storia che ce lo insegna.
Ogni idea contraria al multiculturalismo ha portato soltanto odio, guerre e crisi economiche.
Io non penso che un mio coetaneo africano possa rubarmi il lavoro, tantomeno possa minacciare la mia tranquillità e il mio stile di vita.
Quindi... benvenuti.
Partire è un pò morire... ma spesso vuol dire anche rinascere.
Cosa porta ragazze e ragazzi africani ad abbandonare tutto e rischiare di annegare in mare aperto lo posso solo lontanamente immaginare.
L'estate scorsa ho letto il libro "Bilal" di Fabrizio Gatti, un giornalista de L'Espresso che ha ripercorso l'odissea infernale dall'Africa centrale, passando per il deserto e affrontando il caos e le umiliazioni nel Centro di Permanenza Temporanea di Lampedusa.
Per fare tutto ciò si è spacciato per Bilal, un giovane curdo in fuga dalla miseria e dalla disperazione.
Forse solo leggendo quel libro si può entrare in empatia e capire veramente cosa deve affrontare un ragazzo o una ragazza della mia età per poter avere una speranza e una base per vivere in modo degno e libero.
Questi ragazzi sono quasi tutti laureati, molti sono ingegneri elettronici, e si ritrovano in Paesi dove non c'è minimamente la possibilità di lavorare, in cui governano spesso dittatori corrotti o milizie islamiche che compiono saccheggi e scorribande.
Non hanno neanche la possibilità di sperare.
Quindi spesso le famiglie, quelle che se lo possono permettere, decidono di investire i risparmi di una vita per farli partire, con l'ipotesi di perderli per sempre in mare o di rivederli chissà quando.
Però puntano tutto su questo figlio nella speranza che trovi un posto decente dove vivere e lavorare in Europa e che invii qualche soldo alla famiglia che è restata a soffrire in Africa.
Spesso penso a quanto siamo fortunati, al fatto che abbiamo avuto la possibilità di nascere e vivere nella porzione ricca del mondo, e loro non hanno fatto nulla di male per meritare questa sfortuna.
Eppure molte persone, molti politici e molti componenti delle forze dell'ordine hanno la mente così chiusa da non considerare mai questo aspetto.
Li trattano come oggetti.
O come dei rompicoglioni che vengono qui a rubarci il lavoro e a portare delinquenza.
Quando noi siamo campioni nel delinquere e non faremo mai i lavori umili che loro vengono a fare qui, tipo raccogliere le olive o i pomodori, o fare i manovali per uno stipendio da miseria e passando le giornate in balìa dei cosiddetti "caporali".
Dopo le rivolte nel nord Africa la situazione ovviamente è esplosa e gli sbarchi di immigrati a Lampedusa sono aumentati a dismisura.
Ovviamente la situazione va tenuta sotto controllo e l'Italia deve ricevere dall'Unione Europea tutto l'aiuto necessario per affrontare ciò che sta succedendo.
Ma io credo che gli immigrati siano una risorsa.
Possono dare slancio alla nostra economia, nella speranza che vengano messi in regola e tutelati sul posto di lavoro; e poi dall'incontro fra culture nasce sempre qualcosa di migliore: è la storia che ce lo insegna.
Ogni idea contraria al multiculturalismo ha portato soltanto odio, guerre e crisi economiche.
Io non penso che un mio coetaneo africano possa rubarmi il lavoro, tantomeno possa minacciare la mia tranquillità e il mio stile di vita.
Quindi... benvenuti.
Partire è un pò morire... ma spesso vuol dire anche rinascere.
martedì 15 marzo 2011
LA DIGNITA' DI UN POPOLO
Ho visto un popolo messo in ginocchio in pochi secondi,
ho visto un popolo che reagisce al dolore con compostezza,
ho visto un popolo in cui non esistono sciacalli ed approfittatori,
ho visto un popolo che attende civilmente in fila un pasto,
dove nessuno scavalca chi sta davanti,
ho visto un popolo fidarsi delle autorità,
perché queste si sono guadagnate la fiducia della gente,
ho visto un popolo che si adopera per rialzarsi,
e non spreca tempo prezioso ad addossare colpe,
ho visto un popolo terrorizzato dalla potenza della natura,
ho visto un mondo intero che trema di fronte all'ipotesi di tragedia nucleare,
e che vuole energia pulita e sicura...
Spero di poter vedere al più presto politici che facciano la volontà dei popoli,
perché la salute verrà sempre prima del profitto.
ho visto un popolo che reagisce al dolore con compostezza,
ho visto un popolo in cui non esistono sciacalli ed approfittatori,
ho visto un popolo che attende civilmente in fila un pasto,
dove nessuno scavalca chi sta davanti,
ho visto un popolo fidarsi delle autorità,
perché queste si sono guadagnate la fiducia della gente,
ho visto un popolo che si adopera per rialzarsi,
e non spreca tempo prezioso ad addossare colpe,
ho visto un popolo terrorizzato dalla potenza della natura,
ho visto un mondo intero che trema di fronte all'ipotesi di tragedia nucleare,
e che vuole energia pulita e sicura...
Spero di poter vedere al più presto politici che facciano la volontà dei popoli,
perché la salute verrà sempre prima del profitto.
venerdì 11 marzo 2011
PREVENIRE E' MEGLIO CHE CURARE
Un terremoto di magnitudo 8.9 ha devastato il Giappone nord-orientale.
Danni maggiori sta causando l'onda di maremoto generata dal sisma stesso, il cui epicentro si trova in mare ad una centinaia di km circa dalla costa.
Le notizie si rincorrono di ora in ora, col bollettino amaro delle vittime e dei dispersi che inevitabilmente cresce col passare del tempo.
Quando leggo notizie di questo tipo e vedo le immagini in rete, mi chiedo sempre cosa sarebbe successo qui da noi in Italia.
E' vero, come dicono i sismologi, che una magnitudo di questa portata non si potrebbe generare nelle profondità del nostro Paese, il quale è caratterizzato da faglie molto più piccole e quindi da accelerazioni del suolo di minore entità (difficilmente si superano i 7 gradi Richter).
Però le tragedie avvengono anche qui.
L'immagine che subito balza in mente è quella de L'Aquila, devastata dal terremoto del 6 aprile 2009, di potenza mille volte inferiore (magnitudo 6.3 Richter).
Mi ha sempre stupito come dopo ogni sisma "italiano" restino soltanto macerie, disperazione e funerali di Stato, con l'immancabile politico di turno che si sforza di piangere per partecipare al dolore della gente (le chiamo "le lacrime elettorali").
In Giappone, ma anche in California, in Messico ed in Cile, i governanti hanno capito un concetto molto chiaro: se il nostro Paese è ad elevato rischio sismico, bisogna costruire in modo da limitare al massimo le tragedie ed in posti dove la natura offre riparo.
I soldi ci sono: basta prenderli dalle inutili missioni militari all'estero o recuperando l'evasione fiscale.
La volontà manca.
Mi sembra il classico atteggiamento dell'italiano medio, il quale non vuole vedere mai il problema, e dopo invece piange e sbraita come se avvenisse tutto senza preavviso.
E' vero: i terremoti non si possono prevedere.
Ma non si può prevedere il quando, non il se.
Le mappe sismiche parlano chiaro.
E se è difficile rifare da capo a piedi interi paesini arroccati sugli Appennini (che fanno anche la bellezza del nostro Paese), è anche vero che si possono ristrutturare seguendo l'esempio di Stati all'avanguardia in questo settore.
Invece da noi il problema non esiste, gli imprenditori si telefonano alle 3 di notte e si scompisciano di risate, gli edifici pubblici vengono costruiti con materiali degni di una casetta di Barbie...e nessuno viene punito in modo esemplare.
Ma tanto...domani è un altro giorno, ridiamoci su!
Danni maggiori sta causando l'onda di maremoto generata dal sisma stesso, il cui epicentro si trova in mare ad una centinaia di km circa dalla costa.
Le notizie si rincorrono di ora in ora, col bollettino amaro delle vittime e dei dispersi che inevitabilmente cresce col passare del tempo.
Quando leggo notizie di questo tipo e vedo le immagini in rete, mi chiedo sempre cosa sarebbe successo qui da noi in Italia.
E' vero, come dicono i sismologi, che una magnitudo di questa portata non si potrebbe generare nelle profondità del nostro Paese, il quale è caratterizzato da faglie molto più piccole e quindi da accelerazioni del suolo di minore entità (difficilmente si superano i 7 gradi Richter).
Però le tragedie avvengono anche qui.
L'immagine che subito balza in mente è quella de L'Aquila, devastata dal terremoto del 6 aprile 2009, di potenza mille volte inferiore (magnitudo 6.3 Richter).
Mi ha sempre stupito come dopo ogni sisma "italiano" restino soltanto macerie, disperazione e funerali di Stato, con l'immancabile politico di turno che si sforza di piangere per partecipare al dolore della gente (le chiamo "le lacrime elettorali").
In Giappone, ma anche in California, in Messico ed in Cile, i governanti hanno capito un concetto molto chiaro: se il nostro Paese è ad elevato rischio sismico, bisogna costruire in modo da limitare al massimo le tragedie ed in posti dove la natura offre riparo.
I soldi ci sono: basta prenderli dalle inutili missioni militari all'estero o recuperando l'evasione fiscale.
La volontà manca.
Mi sembra il classico atteggiamento dell'italiano medio, il quale non vuole vedere mai il problema, e dopo invece piange e sbraita come se avvenisse tutto senza preavviso.
E' vero: i terremoti non si possono prevedere.
Ma non si può prevedere il quando, non il se.
Le mappe sismiche parlano chiaro.
E se è difficile rifare da capo a piedi interi paesini arroccati sugli Appennini (che fanno anche la bellezza del nostro Paese), è anche vero che si possono ristrutturare seguendo l'esempio di Stati all'avanguardia in questo settore.
Invece da noi il problema non esiste, gli imprenditori si telefonano alle 3 di notte e si scompisciano di risate, gli edifici pubblici vengono costruiti con materiali degni di una casetta di Barbie...e nessuno viene punito in modo esemplare.
Ma tanto...domani è un altro giorno, ridiamoci su!
mercoledì 9 marzo 2011
IL PERCHE' DI QUESTO BLOG
E' da una vita che mi piacerebbe scrivere i miei pensieri riguardo ciò che succede nel mondo o ciò che hanno scritto altre persone: ho deciso di farlo e condividere i miei pensieri con le persone che vorranno leggere il contenuto (spero non troppo banale) di questo blog.
Cercherò di scrivere un post al giorno, non sempre in relazione a notizie di attualità, ma più che altro in base a quello che mi succede di fare o di leggere di volta in volta.
Se qualcuno volesse partecipare nella realizzazione dei post mi farà molto piacere.
E soprattutto...spero che questa cosa mi dia il piacere che ho sempre immaginato!
Cercherò di scrivere un post al giorno, non sempre in relazione a notizie di attualità, ma più che altro in base a quello che mi succede di fare o di leggere di volta in volta.
Se qualcuno volesse partecipare nella realizzazione dei post mi farà molto piacere.
E soprattutto...spero che questa cosa mi dia il piacere che ho sempre immaginato!
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