Ho divorato in 2 giorni un libro di don Andrea Gallo, "Così in terra, come in cielo".
Don Gallo è uno dei pochi veri preti che operano all'interno della chiesa cattolica.
Un prete da marciapiede, fondatore della "Comunità di San Benedetto al Porto di Genova", che accoglie chi ne ha bisogno e chi vuole provare a ripartire da zero verso una nuova vita.
Ultraottantenne lucido e ironico, sgrana il rosario laico di Fabrizio De Andrè e racconta storie di vicoli e bassifondi genovesi che tanto somigliano a quelle delle Scritture; e non si risparmia nelle sue posizioni anarchiche in merito alle tematiche come il testamento biologico, l'immigrazione, la liberalizzazione delle droghe, l'aborto, il sacerdozio femminile.
Ecco un brano tratto dal suo libro:
"Tributo a Faber
Dori, quando organizzò a teatro il tributo a cui parteciparono i big della canzone, riservò 250 posti per me, e io mi presentai a teatro coi miei derelitti. Qualcuno dell'organizzazione intendeva mandarli nel loggione, confinarli lassù, con la scusa che non c'era più spazio a disposizione. "Non vi preoccupate" dissi "ci penso io." Fermai il traffico della sala e come un vigile li feci sedere in platea, tre qui, due là, tossici, barboni, prostitute accanto a notai, dame e politici.
"No, lì no" mi intimarono. "Lì ci va il ministro della Cultura Giovanna Melandri."
"Allora le mettiamo accanto una puttana delle vecchie case, vedrai come esce arricchita dall'incontro!"
Erano tutti molto preoccupati, mi chiedevano garanzie su ciò che sarebbe successo e io li tenevo sulle spine rispondendo che non potevo saperlo, essendo io un prete, non un indovino. Invece sapevo benissimo ciò che poi accadde: i miei emarginati erano quelli che durante le canzoni piangevano veramente."
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